Il firmamento dell'arte e del
pensiero moderno è dominato dall'angelo. Da Rimbaud
a Kafka, passando per
Rodin, Rilke,
Apollinaire, García
Lorca e Rafael Alberti, sino ad
arrivare ai surrealisti. Dal cinema che lotta per affermarsi come arte,
a Paul Klee, Marc
Chagall e Max Ernst, per giungere
all'illuminazione penetrante di Walter Benjamin,
nella quale l'angelo passa definitivamente dall'immagine al concetto.
Affondando
le sue radici nel perdurare dell'immagine di maggior respiro della
nostra cultura, una delle "concentrazioni simboliche di significato"
di maggior densità del lungo percorso della nostra tradizione
culturale, L'angelo caduto propone una lettura teorica di questa
ossessione per l'angelico nella quale
convergono filosofia, antropologia e critica estetica.
La
ricerca dell'immagine come forma di penetrazione simbolica della realtà
si fa più perentoria quando l'ordine del mondo si spezza. Così,
perduta la coerenza di un mondo antico, l'uomo che passa per il mondo
moderno resta come perduto sulla terra, smarrito nello sforzo di
riconoscere il nuovo. È questo tempo senza luce a riflettersi
nello specchio dell'angelo; immagine fatta a pezzi, vetro infranto nello
scontro con il mondo moderno. L'angelo è l'annuncio dell'arte
nuova e dell'identità sconosciutta dell'uomo del futuro,
difficile da raffigurare perché ancora soltanto accennato. Nel
farci dono della confusione dell'immagine che strazia il mondo moderno e
insieme della solitudine e del tormento dell'uomo, l'angelo perde l'unità
della visione che riflette, per divenire angelo dello sradicamento,
angelo della caduta.
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